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La secolarità francescana non è da vivere tra quattro mura!”

Articolo 15. Siano presenti con la testimonianza della propria vita umana ed anche con iniziative coraggiose tanto individuali che comunitarie, nella promozione della giustizia ed in particolare nel campo della vita pubblica, impegnandosi in scelte concrete e coerenti alla loro fede.

Articolo 16. Reputino il lavoro come dono e come partecipazione alla creazione, redenzione e servizio della comunità umana.

Ha sempre sbagliato chi ritiene che la vita del francescano secolare sia tutta da sacrestia o da saletta. E di persone con questa convinzione, ce ne sono tante. Sia dentro la vita organizzata di fraternità che, soprattutto, al di fuori. Un errore grossolano che spesso ha portato e rischia di portare tutt’ora alla mancanza di nuovi “arrivi” e alla lenta e definitiva cessazione di tutte le attività fraterne. Già, perché non può esserci futuro per chi confina il proprio essere cristiano e nello specifico francescano solo ed esclusivamente all’interno di quattro mura. È nell’intimità dell’incontro con Gesù Eucaristia, nella familiarità di un incontro con i fratelli per la formazione e la condivisione, che devono costruirsi i pilastri di una fraternità chiamata però a muoversi, ad andare verso l’altro. Testimoniando la propria vita con iniziative coraggiose, promuovendo la giustizia, compiendo scelte concrete e coerenti alla fede nel campo della vita pubblica, partecipando alla creazione, redenzione e servizio della comunità umana con il lavoro. Così come indica la Regola, che agli articoli 15 e 16, prosegue il “mandato”, quelli che sono, cioè, gli impegni che il francescano secolare deve portare avanti con senso di responsabilità verso Dio, verso se stesso e verso gli altri.

“Coraggio” è il primo termine che gli articoli indicati mettono in evidenza. Una forza d’animo e una fermezza da spendersi e giocarsi qualora ci si accorga che qualcosa nella propria vita o nel comportamento degli altri non sia rispettoso delle regole cristiane e sociali. Il francescano secolare non può nascondersi dietro se stesso, continuando a vivere nell’errore senza impegnarsi a superarlo a costo di ammettere fragilità e sconfitta; il francescano secolare non può tacere di fronte all’ingiustizia o a modi di fare sbagliati che l’altro compie in maniera pubblica e palese. Certo, è più facile far finta di niente, fare silenzio, soprattutto quando il tacere può nascondere anche personali comportamenti sbagliati.

“La testimonianza di vita” deve parlare in prima persona. In tanti storcono il naso quando si sentono dire che si è chiamati ad essere i martiri del terzo millennio. Ma martire significa in primo luogo testimone, e non ci si può nascondere quando dentro si hanno ricchezze come la Presenza di Dio, il corpo e sangue di Gesù, il soffio dello Spirito. Da qui deve nascere la bellezza di testimoniare, la forza di esprimersi con coraggio, la determinazione di compiere scelte concrete e coerenti con la propria scelta di fede. Oggi la vita pubblica non è facile. È sempre più difficile socializzare e fraternizzare. Meno momenti di festa e di incontro, più spazio a individualismo e interessi personali. Partecipare alla vita pubblica è sempre più impegnativo. Ma va fatto, e la Regola incoraggia in questo senso. La presenza del Signore ci deve spingere ad essere più partecipi ed attivi nella vita sociale, a partire dall’ambiente a noi più vicino. Le pareti domestiche, il quartiere, il paese o la città, la politica e il volontariato, la parrocchia e il lavoro. Tutti ambienti dove poter testimoniare la propria fede, dove poter dire la propria non con la pretesa di imporsi ma con la pazienza di sopportare, con il rispetto anche per qualcosa di non condivisibile, con il coraggio di evidenziare aspetti non propriamente giusti. Niente compromessi, insomma, ma concretezza e soprattutto coerenza. Consapevoli che il Signore non abbandona chi agisce con giustizia nel Suo nome!

“L’amore per il lavoro”, poi, deve contribuire a rendere più forte e decisa la presenza del francescano secolare nella vita produttiva della comunità. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo in cui disoccupazione e lavoro nero fanno parlare tristemente di sé, il primo dovere del francescano è quello di pregare perché tutti possano avere un lavoro, perché il Signore possa manifestarsi anche con questo tipo di “dono” per i suoi figli. Così come un dono del Signore deve considerarlo chi quel lavoro ha la fortuna di averlo, perché possa a sua volta donarsi agli altri con gratitudine e amore. Perché se ognuno vivesse il suo fare non tanto per lo stipendio con il quale sostenersi e sostenere la propria famiglia ma anche e soprattutto come servizio verso l’altro le nostre comunità sarebbero certamente più produttive e vivrebbero con maggiore serenità e pace. Ed invece emergono insoddisfazione, ingiustizie, invidie… Tutti caratteri non certo entusiasmanti!!! È qui che il francescano secolare deve vivere in prima persona l’aspetto della letizia così come San Francesco la intendeva. Sono proprio le incomprensioni, le insoddisfazioni, le amarezze che impreziosiscono il lavoro e lo rendono più gradito agli occhi di Dio. Occorre però fare la propria parte senza lasciarsi condizionare da ciò che non và. Con diligenza, con intelligenza, con scrupolo e serietà. Scriveva un’autrice francescana che “determinati lavori richiedono competenza, aggiornamento, preparazione prossima, altri esigono precisione, costanza, attenzione, fiducia e i francescani secolari impegnati in essi non possono non presentare tali requisiti e devono rispondere al massimo delle loro capacità”.