“Cristo, fiducioso nel Padre, scelse per Sé e per la Madre sua una vita povera e umile, pur nell’apprezzamento attento e amoroso delle realtà create; così, i francescani secolari cerchino nel distacco e nell’uso una giusta relazione ai beni terreni, semplificando le proprie materiali esigenze; siano consapevoli, poi, di essere, secondo il Vangelo, amministratori dei beni ricevuti a favore dei figli di Dio. Così, nello spirito delle “Beatitudini”, s’adoperino a purificare il cuore da ogni tendenza e cupidigia di possesso e di dominio, quali “pellegrini e forestieri” in cammino verso la Casa del Padre.”
Così recita l’articolo 11 della Regola Ofs, ovvero la forma di vita dell’Ordine Francescano Secolare e dei suoi componenti, di chi, cioè, abbraccia per sempre lo stile di Francesco d’Assisi.
Una Regola, vale la pena ricordarlo, esclusivamente evangelica, che fonda tutto il contenuto sulla vita di Gesù, così come il Santo d’Assisi volle per sé, per i suoi compagni frati e per i suoi amici laici.
L’articolo 11 ne è un esempio, dal momento che esordisce con la figura del Cristo, modello da imitare. Così come fece Lui, così facciano anche i francescani secolari. Un motivo che ritorna. Una costante che ci sta accompagnando nel viaggio all’interno della Regola. Non è Francesco che si pone, nei nostri confronti, come esempio da seguire, ma lui stesso diventa esempio per noi cercando di conformarsi a Cristo e traendo dalla vita di Gesù gli insegnamenti necessari per tendere alla santità.
Già, la santità. Più volte si è detto quanto, come traguardo, sia difficile da raggiungere. Francesco, e con lui Chiara, c’è riuscito attraverso una scelta radicale di povertà che il francescano secolare diffi-cilmente può prendere a modello sia per lo stato di vita in cui è inserito, sia per i rapporti interpersonali che vive ogni giorno. Non per questo, però, non è possibile arrivare alla santità, e soprattutto non per questo occorre inventarsi strade nuove o false scorciatoie. È proprio qui che s’inserisce la Regola come guida e aiuto per cercare di capire come mettere in pratica la nostra scelta francescana di essere “ultimi e poveri”. Nella scorsa puntata abbiamo parlato di come concretamente essere ultimi, l’articolo 11, invece, ci suggerisce come essere poveri. E le espressioni adatte non mancano. Uno stile da assumere è quello di “…apprezzare con attenzione e con amore le realtà create”.
E non si parla solo di alberi, sole, fiori o mare, così come si è sempre detto. Per il “secolare” la famiglia, gli amici, il lavoro, le invenzioni dell’uomo che si hanno a disposizione, sono le realtà create da apprezzare. Le proprie, così come quelle degli altri. Niente egoismi, però, né tanto meno l’invidia. Ognuno ha tanto da apprezzare. E quello che ha non solo è grande per se stesso ma è anche importante per gli altri. È qui che nasce la Fraternità, quando si è consapevoli che le realtà create sono a noi vicine ma non ci appartengono. Eccolo l’essere “pellegrini e forestieri”. Siamo sempre in cammino, e ogni giorno abbiamo bisogno di qualcuno e qualcosa che sorregga il nostro andare. Ma siamo pur sempre di passaggio e tutto ciò che con smania vogliamo possedere a tutti costi alla fine non potremo portarcelo appresso. Diventa quindi uno stile fondamentale quello di trovare la giusta relazione tra le realtà create e noi, così come è indispensabile ridurre al minimo le nostre esigenze. Rinunciare oggi costa. Soprattutto perché più si è comodi, più si sta bene e più si vuole ancora di più. E forse si teme che il vicino di casa o l’amico più caro possa giudicarci per quello che non abbiamo. Fu difficile anche per Francesco, inizialmente, rinunciare a cavalli, donne, feste, comodità, ricchezze e agio. Ma pian piano la minorità gli fece cambiare in dolce tutto ciò che prima gli sembrava amaro.
La nostra povertà, che tra l’altro questo articolo ci rivela non radicale ma “giusta relazione ai beni terreni”, deve essere entusiasta, ci deve rendere felici per quello che si ha, ci deve aprire alle realtà create con “spirito di beatitudine”, ci deve aiutare oltre che a stare bene anche a far bene. È in questo modo, “amministrando al meglio ciò che abbiamo”, che può esserci più spazio per il Signore durante la nostra giornata, è in questo modo che possiamo riconoscere meglio il Signore nelle realtà create a noi vicine e che ci circondano, è in questo modo che possiamo allargare il nostro orizzonte a povertà autentiche fatte non solo di mancanza di beni materiali ma anche e soprattutto di incapacità di riconoscere la grandezza e la bellezza del Signore nella propria vita.