A metà del cammino che stiamo percorrendo all’interno della Regola dell’Ordine Francescano Se-colare ci si imbatte in un articolo, il dodicesimo, che sembrerebbe non certo impegnativo, viste le poche parole che utilizza, ma che, se approfondito, rivela importanti passaggi per la vita del francescano secolare. L’articolo così dice: “Testimoni dei beni futuri e impegnati nella vocazione abbracciata all’acquisto della purità di cuore, si renderanno così liberi all’amore di Dio e dei fratelli.”
C’è l’impegno di essere testimoni dei beni futuri, c’è l’impegno di avere la purezza del cuore come fine ultimo della vocazione, c’è l’impegno di donarsi liberamente all’amore di Dio e dei fratelli.
Tre tasselli che, poiché inseriti nella Regola, devono diventare sostegno del nostro essere e del nostro fare. Di non facile attuazione, visto che tutti e tre questi piccoli passaggi evidenziano Dio come centro di tutto. Di non facile attuazione visto che danno poco spazio per l’Io, anzi niente.
Certamente in controtendenza con quanto si vive oggi, dove l’Io emerge, dove la maggior parte del-le azioni è fatta per l’interesse personale. Si tende ad emergere in tutti i modi, e se anche non rientra nei nostri piani o nel nostro modo di pensare lo si fa rientrare lo stesso perché “si fa così”, perché “gli altri lo fanno”, perché “si è sempre fatto così”. Se anche non lo si pensa, la moda, i tempi, inducono a metterti in fila. Tutti a far risaltare l’io, se stessi, le proprie preoccupazioni, i propri sogni, le proprie ambizioni. Ma il francescano secolare non può accodarsi. Anzi, non deve.
Siamo chiamati a testimoniare i beni futuri, a dire con le nostre opere e con le nostre parole che è quello che oggi non si vede quello che conta. Tutto ciò che è sulla terra è materiale, tutto ciò che alla terra appartiene, alla terra viene restituito. Ma è ciò che appartiene a Dio che ci deve guidare nei nostri passi. Dobbiamo essere certi, dobbiamo avere fede piena in ciò che il Signore ci ha promesso: la vita eterna è ciò a cui dobbiamo aspirare. A partire da qui sulla terra, dove la felicità con Dio e di Dio trova radici in un tenore di vita povero ma non misero, in un tenore di vita modesto ma non disagiato, in uno stile di vita che privilegia l’umiltà e lotta contro le umiliazioni. Trova radici, insomma, in una vita generosa fatta di gesti caritatevoli, di servizio verso il prossimo, di non attaccamento alle cose materiali. Motivazioni che trovano spunto e fondamento nella purità di cuore.
San Francesco esortava i suoi compagni frati, ma anche i tanti amici che lo seguivano, dicendo. “servite Dio in letizia e in purezza di cuore.” Diceva che puri di cuore erano coloro che mettevano in secondo piano le cose terrene per privilegiare e ricercare le cose celesti, le cose di Dio per adorarlo e vederlo, vivo e vero, nelle azioni e nelle parole di ogni giorno.
Non un mettere da parte situazioni e cose di ogni giorno come la famiglia, il lavoro, il dovere sociale, le amicizie, assolutamente importanti, ma mettere al centro il Signore e rendere sacre, di Dio, le azioni fatte in famiglia, al lavoro, nella società, con gli amici. Un passaggio che si da quasi per scontato ma che praticamente poco si attualizza. C’è la famiglia, il lavoro o altro di questo mondo prima dell’ascolto della Parola di Dio, del nutrirsi del dono dell’Eucaristia.
Francesco con la sua Regola a noi offerta quasi si rivela come un profeta dei tempi di oggi: siate testimoni dei beni futuri, ricercate sempre il Dio vivo e vero in ogni cosa se questa è la vostra voca-zione. Già, la nostra vocazione.
In tutto il percorso intrapreso, più volte ci si è soffermati dicendo quanto sia difficile capire cosa il Signore voglia per noi. Anche questo articolo ci viene incontro illustrandoci uno stile e un impegno da concretizzare. L’avere un cuore puro e libero. Puro da ogni costruzione umana, libero di incontrare Dio in ogni fratello posto al nostro fianco. Senza affanni di sorta, così come gli uccelli del cielo che non seminano e non mietono ma hanno sempre di cui cibarsi, così come i gigli dei campi che non tessono e non filano ma vestono le vesti più belle. E senza classifiche tra le persone, mettendosi alla pari di chi ha bisogno senza far sentire disagio in chi riceve, senza prendersi meriti per azioni che lo Spirito ha guidato e di cui noi siamo solo stati strumenti.
Un po’ come la Regola. Motore del nostro fare e del nostro pensare, strumento dell’uomo ma segno concreto della presenza di Dio nella nostra vita.