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“La responsabilità verso il fratello: un dono del Signore!”

Proseguendo il cammino all’interno della Regola dell’Ordine Francescano Secolare ci si imbatte in sei articoli, quelli che vanno dal 14 al 19 che possono essere definiti come il vero “mandato” secolare per i laici francescani del mondo. Tutti gli articoli precedenti che la Regola presenta, infatti, hanno ri-chiamato l’attenzione sulla dimensione cristiana e francescana che ogni seguace di Francesco d’Assisi deve avere nel suo andare incontro al Signore. I pilastri fondamentali del francescanesimo, insomma, sui quali poggiare tutto l’essere e tutto il fare.

Gli articoli che vanno dal 14 al 19 danno ampio respiro a tutti i passaggi spiegati precedentemente offrendo concretezza e praticità secondo quelle che devono essere le prerogative dell’uomo. Non si può pensare di vivere l’Amore di Dio senza incontrarlo e sperimentarlo nel mondo. Così come, del resto, è bene precisarlo sin da subito, non si può avere la pretesa di andare nel mondo senza l’Amore del Signore. Ebbene, la Regola, ci invita in queste sei nuove tappe di vita a “…costruire un mondo più fraterno ed evangelico per la realizzazione del regno di Dio” passando per l’esercizio competente delle proprie responsabilità, la proposta di iniziative coraggiose, l’impegno di scelte concrete e coerenti con la fede, il rispetto del lavoro, l’educazione alla famiglia, la lode per il creato, il ricercare la via dell’unità essendo portatori di speranza e di pace e messaggeri di perfetta letizia.

Andando più in profondità su ogni singolo articolo, nello specifico il quattordicesimo recita queste parole: - Chiamati, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, a costruire un mondo più fraterno ed evangelico per la realizzazione del regno di Dio, consapevoli che “chiunque segue Cristo, Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo”, esercitino con competenza le proprie responsabilità nello spirito cristiano di servizio - .

Ancora una volta appare immediato l’invito a non muoversi da soli, a non voler fare tutto da soli, ma c’è l’esortazione all’unirsi con tutti gli uomini di buona volontà. E non poteva essere altrimenti dal momento che tutto il percorso precedente, che chiunque può affrontare addentrandosi tra le righe della Regola, rivela il fatto che il Signore chiama alla Fraternità coloro che da soli altrimenti non potrebbero mai farcela, sia nel proprio cammino di fede, sia nel personale inserimento nella vita “secolare”. E’ qui la bellezza della vita fraterna, base per la costruzione di un mondo più evangelico, ovvero la consapevolezza di non essere soli ma di avere la Sua presenza e tante persone vicine, tutte accomunate dal desiderio di sentirsi più uomini e più forti nella fede. Insieme, dunque, a rafforzare il senso di Chiesa, così come voleva San Francesco anche per i suoi amici laici secolari, di chiamati, convocati comunitariamente. Insieme, per offrire il proprio servizio con spirito cristiano.

Un servizio, quello a cui il francescano secolare è chiamato, che deve nascere dalla consapevolezza di avere delle responsabilità da esercitare con competenza. Paroloni, direbbe qualcuno, di quelli che tutti i giorni i mezzi di comunicazione utilizzano per far sembrare grandi anche i discorsi più banali. Paroloni, è vero, ma utili ed efficaci per ricondurre il francescano secolare verso quella che è la sua direttiva principale: la responsabilità. Verso Dio e verso se stesso, così come si diceva in tutti gli articoli che hanno preceduto il quattordicesimo, ma anche verso gli altri, verso il mondo. Una responsabilità che nasce dal Battesimo, quando ogni uomo sulla terra diventa fratello, che si protrae con i Sacramenti che rendono sacro ogni personale fare, e che diventano perenni con la professione che sancisce l’ingresso ufficiale all’Ordine quando consacrando la propria vita a Dio si professa una vita evangelica volta a raggiungere la perfezione della carità cristiana.

La responsabilità su ogni uomo, sul mondo in cui insieme si vive è per tutti, è di tutti. Non solo di chi è chiamato a svolgere un servizio per elezione o nomina, è di tutti. Ed invece, quanto disimpegno nelle nostre fraternità, nelle comunità cristiane. Quante volte si sente “è lui che deve farlo, perché lo devo fare io?” oppure “questo l’ho sempre fatto io e continuerò a farlo io”. Due esempi come tanti di disimpegno, di vedere la responsabilità non come Dono o Grazia del Signore ma come strumento umano per rapportarsi con gli altri. È qui, invece, che dobbiamo coltivare la competenza, l’educazione alla fede e al servizio. È qui che deve emergere l’affidarsi allo Spirito e alla Provvidenza divina, è qui che deve maturare l’amore per il sacrificio, inteso non come rinuncia e disperazione ma come desiderio di rendere sacro, offrendolo per l’Amore del Signore, ogni nostro gesto, ogni piccola azione.