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Articolo 13: “L’accoglienza di tutti è la vera letizia!”

“Come il Padre vede in ogni uomo i lineamenti del suo Figlio, Primogenito di una moltitudine di fratelli, i francescani secolari accolgano tutti gli uomini con animo umile e cortese, come dono del Signore e immagine di Cristo. Il senso di fraternità li renderà lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo.”

Così recita il tredicesimo articolo della Regola dell’Ordine Francescano Secolare nel suo secondo capitolo dedicato alle norme di vita. Esso, tra le righe, mette in evidenza uno dei valori più grandi della vita di fraternità. È l’accoglienza, purtroppo oscurata nella vita di tutti i giorni a causa degli interessi personali degli uomini ma che silenziosamente ritorna e, spesso, si ripropone all’attenzione di tutti come “segreto” per vivere in letizia. Chissà quante volte sarà capitato di trovarsi davanti ad una situazione poco gradevole, ad una malattia, davanti ad episodi piuttosto sfortunati, di fronte a persone difficili da sopportare e, con senso di impotenza esclamare “bisogna accettare”! Non che la cosa sia sbagliata, perché in linea di principio è così che occorre comportarsi.

Ma il francescano secolare è chiamato ad andare oltre, a fare un passo in più, uno sforzo più grande. Se l’accettare indica quasi rassegnazione, quasi vivere quello che sta capitando consapevoli che nient’altro si possa fare e quindi si subisce passivamente, l’accoglienza dà un respiro più grande al nostro vivere. Già, perché l’accoglienza ti chiede di mettere in gioco non solo gli aspetti negativi ma anche quelli positivi, ti chiede di vedere con occhi diversi ciò o chi ti sta davanti. Non più il tuo sguardo, ma quello del Signore, quello che il Padre ha avuto per il proprio Figlio. È certamente diversa una situazione o una persona se visti come dono del Signore o immagine di Cristo. È questo lo sforzo, assolutamente non indifferente, che il francescano secolare deve compiere nel suo stare in mezzo agli altri e nel suo essere immerso nel secolo, nella vita di tutti i giorni. Non si può, e non deve fare classifiche, non si può e non deve “preferire” alcune situazioni piuttosto che altre.

Ogni avvenimento della propria vita diventa dono del Signore, ogni persona messa a fianco è immagine del Cristo. Non è facile ma con umiltà e cortesia questo può avvenire. Riconoscendosi cioè piccoli, incapaci di potercela fare da soli e confidando, dunque, nel Signore e conducendo una vita virtuosa. Solo in questo modo si avrà al certezza e si potrà gustare la gioia di vivere nella letizia, quella che Francesco d’Assisi ricercava attingendo alla Parola di Dio, nutrendosi del Corpo e Sangue di Gesù, servendo la sua Madre Chiesa e gioendo nel mettersi alla pari di tutti, specialmente dei più piccoli. Tutti coloro, cioè, che per vivere avevano bisogno dell’appoggio e del sostegno di altri, coloro che hanno bisogno di protezione, di affetto, di cibo. Essere sostenuti nell’animo e nel corpo. E non sono pochi. A partire da noi stessi per arrivare nelle nostre case, nei vicinati o nei quartieri. Nei nostri paesi o nelle nostre città. Nella nostra nazione o nel nostro universale mondo. Per noi e per loro occorre aiutare il Signore a creare “condizioni di vita degne di creature redente da Cristo”.

Così si legge in un brano tratto dagli scritti di Madre Teresa di Calcutta: “Oggi Gesù rinasce, vive e muore nelle persone rifiutate, disoccupate, ignorate, affamate, malate, senza vesti e senza casa. Sembrano inutili allo Stato e alla società e nessuno ha tempo per loro. Trovarli e aiutarli spetta a noi, a me, a voi… sono loro il Cristo di ieri, di oggi e di domani, che voi ed io dobbiamo riconoscere. Non accontentiamoci di dare solo denaro. Queste persone hanno bisogno delle nostre mani che servano, del nostro cuore che le ami”.

Sembra incredibile ma ancora qualche francescano secolare, così come tanti cristiani non sanno cosa fare, non sanno quale posto occupare, non sanno che ruolo svolgere. Eppure dentro noi stessi, già al nostro fianco ma anche in terre lontane c’è tanto bisogno che si creino condizioni “degne” e “dignitose”. A partire dall’anima per terminare nel materiale e nella concretezza. Accogliere tutto e tutti come dono del Signore e come immagine del Cristo, avere un animo umile e cortese, mettersi alla pari di tutti, soprattutto dei più piccoli, non solo allargherà i confini della Fraternità ma farà sì che ogni cuore possa essere riempito della letizia più grande, quella che nasce dalla consapevolezza di avere incontrato l’Amore del Signore e di averlo accolto senza mezze misure.